Care Libere,
aderisco al vostro appello che rifiuta la gestazione per altri come via per diventare genitori, perchè penso anch’io che la gpa commerciale sia un’ulteriore sistema di predazione delle donne.
Chi ha avuto figli con la gpa commerciale presenta un fatto compiuto, scomodando parole inappropriate per descriverlo (come ad esempio ‘dono’), si sente nel giusto perche’ ha pagato, con una disinvoltura che mi viene da dire ‘coloniale’.
Faccio parte di ArciLesbica e come associazione da anni ci siamo posizionate contro la gpa commerciale ma a favore della gpa gratuita, perchè non c’è niente di disumano in una donna che affida su * figli* a qualcuna o qualcuno di cui si fida, quando non faccia questo dietro compenso, ma davvero per generosità all’interno di una relazione (http://www.arcilesbica.it/
Aderisco al vostro appello, anche se non tiene conto della gpa gratuita, in quanto contiene un tema prioritario: risponde alla banalizzazione della surrogacy con l’affermazione della non commerciabilità dell’umano e con il rifiuto della riduzione delle donne a macchine riproduttrici sul mercato libero. Siamo tutte consapevoli che le destre clericali tentano di usare il tema della gpa per opporsi al matrimonio tra persone dello stesso sesso, l’ appello Che libertà si smarca da tali strumentalizzazioni e penso che costantemente occorrerà marcare le distanze da un uso omofobico delle nostre parole.
Cristina Gramolini,
presidente ArciLesbica Milano
Se passasse l’idea che non si è esseri completi e soddisfatti solo con i figli, tutto sarebbe diverso.