Nella discussione che si è aperta dopo le nostre dimissioni dal Pd, è forte il tentativo di indirizzarne il senso su un giudizio politico, o addirittura morale, sulla persona di Lo Giudice, nominato a capo del Dipartimento diritti civili del partito. A noi pare una maniera di evitare un confronto di merito sui temi che abbiamo posto. E forse conviene esplicitare le ragioni per cui abbiamo sempre evitato accuratamente in tutti questi anni di criticare le scelte dei singoli, fossero Vendola o Lo Giudice o altri, mentre abbiamo reagito duramente dinanzi alla decisione del partito di scegliere -simbolizzando così il proprio orientamento in tema di diritti- “la figura che ha fatto della battaglia per la legalizzazione dell’utero in affitto la propria bandiera identitaria”.
'Considerare un diritto civile una pratica che prevede la compravendita della pancia di una donna, allo scopo di…
Pubblicato da Se Non Ora Quando – Libere su Giovedì 2 agosto 2018
C’è una grande differenza tra i singoli e un’organizzazione collettiva. Un partito è una istituzione che elabora democraticamente (almeno dovrebbe) una propria visione su questioni come guerra/pace; vita/morte; relazioni tra i sessi; relazioni tra i popoli; l’interesse nazionale, ecc., una visione che è la cornice comune, il collante che tiene insieme le maggioranze e le minoranze che variamente si formano su scelte politiche contingenti (alleanze, ecc.). Una visione di parte che contribuisce alla formazione di orientamenti, di modi pensare e di sentire di un popolo, insomma, alla sua cultura. A un partito si aderisce volontariamente perché se ne condividono i valori e il programma politico. Nel momento in cui, con la designazione di Lo Giudice a capo del Dipartimento, è apparso che il Pd approvava e faceva propria una posizione che noi reputiamo incompatibile con i suoi valori fondativi, abbiamo deciso di non farvi più parte.
Quel che a noi sta a cuore è che nella matrice di un partito democratico permanga il netto rifiuto della riduzione delle donne e dei bambini a merce. Perché solo il formarsi di un orientamento generalizzato contrario alla surrogata può essere l’effettivo argine al ricorso a questa pratica da parte di singoli. In effetti, se gli sviluppi delle conoscenze mettono a disposizione degli individui tecniche che consentono loro di realizzare bisogni o desideri, fortemente sentiti come quello di avere un bambino, e se le leggi lasciano varchi, è logico che molti vi facciano ricorso e io non sono affatto autorizzata a esprimere un giudizio di condanna. Mi dico: chissà cosa farei io se mi trovassi nella stessa situazione. Quindi nessun giudizio sulle scelte della persona, ma battaglia dura sulle idee, sulle posizioni che si esprimono per orientare, formare la cultura di una comunità nazionale, europea e mondiale e sul rispetto delle leggi.
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