Paradossale, bislacco, folle, così è stato definito “Troppa grazia”, il film vincitore a Cannes come miglior film europeo alla Quinzaine des Réalisateurs. È proprio così. Non è usuale ricorrere alla Madonna per scongiurare una speculazione edilizia. Appare a Lucia, Alba Rohrwacher, che la scambia per una mendicante o una profuga. È vestita di stracci, ha il capo velato ed afferma di essere la Madonna. Fa una richiesta: vuole che al posto del centro commerciale che si sta per realizzare, violando così un paesaggio incontaminato, si costruisca una chiesa. La richiesta è prima verbale, poi più decisa, infine violenta: la Madonna aggredisce Lucia, la sbatte per terra, la scaraventa contro un muro, la trascina per i capelli.
Lo spettatore è sconcertato, non sa se ridere o andarsene dalla sala. Poi viene catturato dalla storia stralunata e segue le vicende di questa Madonna manesca, che mai si era vista prima d’ora sullo schermo, né esiste nella tradizione. Per difendere la natura, ci dice il regista Gianni Zanasi, c’è bisogno dell’intervento soprannaturale. Siate realisti, chiedete l’impossibile, si gridava nel ’68, e l’ambientalista Bookchin aggiungeva: se non farete l’impossibile vi troverete di fronte l’impensabile. Nel film, alla fine, succede proprio l’impensabile, con scene suggestive e terribili, che ci riportano ai disastri naturali che troppo spesso si abbattono sulla terra in cui viviamo. La chiesa che chiedeva la Madonna è solo il rispetto della natura, con la bellezza dei campi di grano e la linea dolce delle colline.

Alba Rohrwacher in “Troppa grazia” di Gianni Zanasi
È stato detto che il tema del film è il sacro. Mi sembra piuttosto che il centro della narrazione sia una donna, Lucia, in connessione con la natura: una donna che non vuole scendere a compromessi, sente la responsabilità verso l’ambiente che la circonda, fa le scelte in cui crede.
Commenta