Bene. È successo. Se è vero, come ci insegnano alla scuola di giornalismo, che la notizia è l’uomo che morde il cane e non viceversa, la cosa è successa: alle elezioni per i rappresentanti dei giornalisti all’associazione Stampa romana, le donne hanno ottenuto il 60% dei voti, contro il 40% degli uomini.
Nelle elezioni #Asr e #Fnsi ControCorrente nasce e vince.
È la lista più votata. Una vittoria di SQUADRA per libertá di stampa e per i valori della #Costituzione antifascismo e antirazzismo, NO al precariato, il futuro del giornalismo é adesso pic.twitter.com/m4EvIt5DhI— Controcorrente (@Controcorr) December 16, 2018
Non era mai accaduto. Certo, si è verificato in un’elezione sindacale di una categoria, quella dei giornalisti, che negli ultimi quaranta anni ha spalancato le porte alle donne: eravamo solo il 10% negli anni Settanta e dovemmo fare una battaglia perché le tante, che già scrivevano e firmavano perfino suoi quotidiani, potessero avere un contratto di assunzione e un lavoro stabile. E oltre alle solite cose, come proteste, mobilitazioni, convegni, molto contribuì ad accreditarci agli occhi maschili la nomina di Miriam Mafai a capo del nostro sindacato nazionale, la FNSI.

Silvia Garambois, tra le giornaliste candidate nella lista ControCorrente, ha ottenuto più preferenze dei capilista
Questa è una piccola cosa ma, nel suo piccolo, è una vittoria strepitosa, talmente strepitosa da apparire perfino paradossale. Per il rispetto delle quote di genere, infatti, saranno le donne a dover far fare un passo indietro a un paio delle loro elette, mettendo al posto loro due uomini scelti tra i primi dei non eletti. E così, una norma – nata per tutelare la rappresentanza femminile, fino a qualche tempo fa ridotta a pochi nomi, perchè tanto i maschi erano forti e i posti migliori se li prendevano tutti loro – è diventata uno strumento per tutelare proprio i diritti dei maschi, sempre in nome della parità. È la prova che quando si dice e si scrive che la questione femminile non è roba da quote rosa, ma un nodo centrale per lo sviluppo della società – un modo di rovesciare le regole della nostra vita quotidiana che riguarda in egual modo maschi e femmine -, si dice e si scrive una verità: vantaggi per tutti, uguaglianza nella differenza, rispetto reciproco per le diversità.
Nessuno si vuole illudere. Questa vittoria resta piccola. Ma è simbolica. È un segno che si aggiunge ai molti e più importanti che ci sono arrivati dagli Stati Uniti con le elezioni di mid-term, dove la Camera è tornata in mano ai Democratici grazie alle donne e ai giovani. È un segno che si aggiunge alla riuscita convocazione di un gruppetto di signore che, ricorrendo solo a cellulari e a mail, ha riempito piazza del Campidoglio di Roma di cittadine e cittadini stanchi di vedere crescere il degrado nella loro città. Oppure, a quella di Torino a favore della Tav, messa su da donne stufe di sentire ancora discorrere dei vantaggi, o degli svantaggi, di una linea ferroviaria su cui l’Italia si è già impegnata da anni.
Elezioni #europee2019, una sfida decisiva per le sorti nostre e dell’#Europa: le #donne devono esserci, nelle liste, ma…
Pubblicato da Se Non Ora Quando – Libere su Sabato 15 dicembre 2018
Qualcuno, per sminuirne l’importanza, ha definito le signore di Roma “quelle con le borse firmate” e le signore di Torino “le madamin”, quasi a significare che solo nei quartieri alti comincia a serpeggiare la ribellione femminile, sempre però educata e di stile, niente a chè vedere con i gilet jaune. È un rischio, comunque, che con queste elezioni sindacali non si corre: sono tutti giornalisti, tanto i votanti come i votati. Se sfotti le vincitrici sfotti pure gli sconfitti. E quindi niente battute. Forse, più banalmente, è il tentativo di guardare in un altro modo questo mondo molto confuso e dargli un nuovo ordine. Anche fuori dall’Italia, del resto, in vista delle elezioni europee, le donne fanno sentire la voce per prendere in mano il loro destino: non contro gli uomini, ma con loro. Almeno con quelli che ne capiscono le ragioni, che non hanno paura, che non temono di perdere potere, che non vogliono comandare solo per il piacere di essere ubbiditi.
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