La condotta di Carola Rackete, capitana della Sea Watch, ha tutto il nostro rispetto, sostegno e solidarietà. In nome di valori che non sono negoziabili e che sono alla base della nostra civiltà giuridica (al di là delle singole declinazioni nazionali), come è quello di salvare vite umane in pericolo e garantirne l’incolumità, Carola è stata costretta a sfidare la legge italiana – e l’insensibilità europea – a costo di pesantissime conseguenze personali. È noto il conflitto tra principi: la tragedia di Antigone ne è un modello altissimo. Sappiamo perciò che quando esplode, l’esito tende a essere catastrofico: ne è segno l’imbarbarimento progressivo in cui stiamo piombando.
🔴🔴”Ho deciso di entrare in porto a Lampedusa. So cosa rischio ma i 42 naufraghi a bordo sono allo stremo. Li porto in salvo”.
In 14 gg nessuna soluzione politica e giuridica è stata possibile, l’Europa ci ha abbandonati.
La ns Comandante non ha scelta.https://t.co/MltJ2RME4F
— Sea-Watch Italy (@SeaWatchItaly) June 26, 2019
L’azione della Sea Watch tendeva a forzare pubblicamente la decisione del governo italiano di tenere chiusi i porti, mentre per il governo, in particolare per Matteo Salvini, era ed è essenziale sfruttare politicamente l’inerzia e l’indifferenza dell’Unione europea e dei singoli paesi verso l’Italia. Insieme a Malta e in parte alla Grecia, il nostro paese, dopo la chiusura della rotta balcanica (grazie al pagamento di miliardi di euro alla Turchia) è rimasta la terra di approdo della rotta mediterranea. E, infatti, al riparo dai riflettori, continuano a sbarcare sulle nostre coste centinaia di migranti.
E allora? Dobbiamo augurarci e mobilitarci perché altre azioni alla Sea Watch si ripetano? Oppure è arrivato il momento di spezzare questo circolo e mettere a fuoco un diverso e più efficace obiettivo. L’assedio va portato ai palazzi di Bruxelles, di Strasburgo, di Francoforte, a tutte le sedi degli organismi dell’Unione Europea perché è diventato insopportabile e vergognoso lo scaricabarile nazionalistico. Una politica migratoria comune è ormai un’impellente prova di esistenza in vita di quella realtà che chiamiamo Unione europea.
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