Un vecchio motto del femminismo americano, “sisterhood is powerful”, si è staccato dalla copertina dell’antologia di Robin Morgan ed è finito su una tshirt di Chiara Ferragni. La suprema delle influencer di moda l’ha sfoggiata mentre in volo su un jet privato, direzione Ibiza, si scambiava tenerezze con il figlio Leone. Gioie e dolori del femvertising, direbbe la nostra Hilde Merini, riferendosi all’abitudine del mercato, non solo quello del fashion, di utilizzare i messaggi veicolati dal femminismo per vendere. Spesso, stravolgendoli per convenienza. Il punto qui però è un altro: che corde è in grado di toccare oggi il motto delle radical newyorkesi? Perché, messe da parte le ragioni per cui si sia trasformata in uno slogan commerciabile, quella frase accende ancora qualcosa di forte dentro.
Dagli anni Settanta al Metoo: le vittorie della sorellanza
La sorellanza è un “patto sociale, etico ed emotivo costruito tra donne”, ho letto una volta. Per me è prima di tutto un legame, che nasce spontaneo e ha a che vedere con la nostra umanità. Si stabilisce quando scopriamo la nostra somiglianza naturale con tutte le altre. Consente con loro una connessione particolare e cosa ancor più importante: può costituire una forza inarrestabile. Che per es. possa renderci capaci di cambiare il nostro destino, ne abbiamo avuto prova non solo negli anni Settanta, ma anche di recente con lo scandalo #metoo. Non a caso le attrici e le modelle americane che per prime hanno denunciato, hanno usato nei loro post anche l’hashtag #sisterhood. Abbiamo capito così che cosa davvero le avesse incoraggiate a dire ‘anche a me’, rompendo per la prima volta nella storia, in tantissime parti del mondo, il silenzio attorno al tema delle molestie.
After a year of hard work to drive policy revolution as part of the #MeToo movement, a moment of celebration with friends – savoring great progress! #Sisterhood @MiraSorvino @RoArquette @jstender415 pic.twitter.com/aYZCNUtYHp
— Noreen Farrell (@farrellERA) December 21, 2018
L’iniziativa di 62 monasteri in nome dell’accoglienza
Non è certo alla sorellanza delle religiose che Morgan e le altre facessero riferimento, ma uno spunto interessante è la lettera aperta di alcune suore ai presidenti Conte e Mattarella. Decise a battersi contro il diffondersi in Italia di sentimenti di intolleranza contro i migranti, sono riuscite nei giorni scorsi a raccogliere le firme di ben oltre 62 monasteri. “Desideriamo obbedire alla nostra coscienza di donne, figlie di Dio e sorelle di ogni persona su questa terra, esprimendo pubblicamente la nostra voce”, scrivono all’inizio della lettera pubblicata sui giornali. Si sente inoltre forte il richiamo a una ‘sorellanza attiva’ e che possa essere d’esempio: “la nostra semplice vita di sorelle testimonia che stare insieme è impegnativo e talvolta faticoso, ma possibile e costruttivo. Perché “solo la paziente arte dell’accoglienza reciproca può mantenerci umani e realizzarci come persone”.
Nominare la propria coscienza di donne come qualcosa verso cui avere degli obblighi; parlare anche di se stesse e della propria vita di comunione con le altre; farlo in una lettera in cui si chiede di tutelare la dignità della persona e il futuro della nostra società, mi fa fare un ulteriore salto con la mente alle parole di Emanuela Mariotto, riferite in realtà al femminismo:“nelle cose che riguardano noi donne sono importanti i gruppi, le associazioni, la presa di parola pubblica, le lotte per cambiare le condizioni materiali e politiche, ma lo è altrettanto il processo continuo di autocoscienza di ogni singola donna. Questo mi piace del femminismo, che non c’è frattura tra personale e politico, che ogni singola donna vale e con la sua stessa vita contribuisce a rendere la vita migliore per tutte e per la società”.
Un messaggio alle donne che contano…
Alla luce dei tanti esempi fatti e di quelli che ancora si potrebbero fare, è evidente che quello tra le donne sia un legame “potente”, diverso da tutti gli altri. Forse te ne accorgi quando ti senti vicina a qualcuna pur non conoscendola affatto; quando una delusione è più amara se a dartela è un’altra donna come te; o quando senti che certe vittorie non sono soltanto le tue. Vivendo quella speciale comunanza, anche se a volte non è semplice, possiamo imparare tanto e possiamo cambiare le cose non solo per il bene delle donne. Deve essere per questo motivo che a distanza di cinquant’anni quel motto su quella maglietta funziona. Fa davvero venire voglia di comprarla. Ma soprattutto fa venire voglia di regalarla alle donne che oggi contano. Non è un caso che Ferragni già la possieda…anche stavolta è arrivata prima di tutte!
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