“Basta!” è il titolo del nuovo libro di Lilli Gruber, nota giornalista televisiva e scrittrice. Basta prima di tutto alla politica del testosterone, come recita il sottotitolo, che invoca al suo posto il potere delle donne. Il libro è infatti caratterizzato dall’indignazione, se non altro lo dimostra la riduzione della politica maschile a una questione di testosterone. La Gruber fa un’ampia disamina del livello di parità tra uomo e donna in quello che chiamiamo Occidente, e non solo. Si va dallo sport alla politica; dall’informazione alla salute; dalla scienza alla finanza. Il suo tratto unificante, oltre la serietà e la puntualità nella acquisizione dei dati, è che il conflitto uomo-donna non è finito. Anzi, con il proliferare dei cosiddetti ‘uomini forti’ va intensificandosi.
Nessun uomo, nemmeno il più disponibile, può prendere il posto delle donne in questa lotta. Il tema è enorme perché lo è in se stesso e perché ne incrocia un altro ugualmente grave. E cioè, la crisi della democrazia come l’abbiamo conosciuta, la fine dei principi liberali che l’hanno caratterizzata, soprattutto in Europa. Non a caso Gruber cita Putin come il più pericoloso di questi signori del mondo. La sua dichiarazione della fine del liberalismo è esemplare.
Il movimento delle donne nella seconda metà del Novecento nasce invece dal fiorire delle democrazie occidentali, soprattutto europee. Fu allora che si scoprì che la democrazia non aveva previsto le donne, che era un patto tra fratelli. Produsse però il terreno per criticarla. Ora che è in crisi, le prime ad essere attaccate sono non a caso le donne. Ma Gruber si chiede perché finora nonostante sia recente l’apparizione di uomini come Trump o Erdogan, o le pulsioni di destra estrema presenti oggi in Europa, la parità non si sia realizzata. Si risponde affermando la necessità di dare più potere alle donne e di riprendere il conflitto con gli uomini, che le più giovani paiono aver dismesso.
La storia è lunga. Il conflitto con gli uomini ha caratterizzato una lunga fase del femminismo. Poi parte di quest’ultimo si è misurato con il “pensiero della differenza“; molte hanno scelto la strada della divaricazione dalla politica. La più parte delle donne ha scelto la via dell’emancipazione, una strada stretta che lascia alle donne un’unica possibilità: l’omologazione al modello maschile. Dunque, non solo mettere il tailleur d’ordinanza, come ricorda Gruber, ma mettere su una grinta capace di annichilire l’avversario. E poi dotarsi di capacità e competenze, lasciando a casa il proprio corpo. Questo il prezzo che ci hanno chiesto di pagare.
Ma per questa via si apre la strada a un lavoro di Sisifo, i nostri corpi diversi ingombrano e si ritorcono contro di noi. La lotta va ripresa e certo i personaggi testosteronici che Gruber elenca vanno osteggiati: sono i nostri autentici avversari, nostri e della civiltà europea. Ma la scommessa vera sta nell’entrare in politica senza inseguirli sul loro terreno, entrarci con la nostra differenza, ascoltare le parole dei giovani che ci parlano di limite. Quel limite che la nascita della libertà femminile aveva già indicato. Cambiare un mondo che ci vuole omologate per rimanere sempre uguale a se stesso.
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