Qualcosa è cambiato, non c’è dubbio. Il 2019 per l’Europa politica è stato l’anno delle donne: da von der Leyen alla guida della Commissione, ai paesi membri – Sanna Marin in Finlandia; Zuzana Caputova, prima presidente della Repubblica Slovacca; Sophie Wilmès, premier in Belgio; – si è registrato un netto cambio di passo. Non si tratta, sempre di inediti, – la Finlandia ha eletto la sua prima premier cento anni fa -, ma nemmeno di un normale e neutrale avvicendamento di leadership.
Preparatevi, perché una cosa così non si era mai vista! #Helsinki #SannaMarin
Pubblicato da Se Non Ora Quando – Libere su Mercoledì 11 dicembre 2019
Ursula von der Leyen, per esempio, ha preteso e ottenuto parità nella composizione della Commissione; il governo finlandese si regge sull’alleanza tra tre donne; Marta Cartabia, prima donna presidente della Corte costituzionale, ha detto, non appena eletta: “farò da apripista”. Nei gesti e nelle parole di queste donne si legge il riconoscimento degli ostacoli che impediscono alle donne di accedere ‘naturalmente’ a posizioni di rilievo e la consapevolezza che il ruolo conquistato deve essere speso per rimuoverli e consentire un ingresso massiccio.
In Italia, dove il potere non cambia di mano
E in Italia? La riarticolazione del sistema politico a cui stiamo assistendo investe questo aspetto? Non sembra, a un primo sguardo. Accanto a impegni improntati alla discontinuità, come quello assunto da Italia Viva di Renzi, che si dichiara forza femminista e imposta il doppio incarico uomo/donna per ogni posizione di responsabilità, si registrano soprattutto dichiarazioni come quella della doppia leadership per i Cinque Stelle, lanciata da Di Maio. Nel PD non sono insidiate postazioni prevalentemente maschili. E in Forza Italia la nomina delle capogruppo non ha scalfito il vecchio assetto. Lo sforzo, di molti uomini, sembra insomma teso a mostrare presenza e visibilità delle donne, ma la regia, il potere, non cambia di mano.
Non cambiano, soprattutto, le visioni e i programmi. Le donne nelle agende non ci sono o restano in fondo: non si trova, salvo qualche eccezione, nessuna consapevolezza che è un’urgenza l’abbattimento delle barriere che in Italia tengono ancora le donne lontano dal lavoro, da una massiccia partecipazione alla vita pubblica e dal pieno godimento dei diritti conquistati, a cominciare dall’endemico fenomeno della violenza. Se l’Italia stenta a crescere e a star bene, dipende anche da questo.
Il Women’s act lanciato da Mara Carfagna
La sola, timida eccezione a questo quadro sembra essere il Women’s act lanciato da Mara Carfagna. Un ampio ventaglio di misure per le donne: dal sostegno per gli studi delle discipline scientifiche, al contrasto della disoccupazione femminile; dai servizi per la maternità, alle misure antiviolenza e alla battaglia per l’equità nei salari. A dimostrazione del fatto che solo una leadership femminile e femminista conquistata sul campo dà la consapevolezza e la forza per ridefinire le agende.
Abbiamo compiuto grandi passi in avanti negli ultimi decenni, eppure la partecipazione delle donne alla vita attiva del…
Pubblicato da Voce Libera su Domenica 12 gennaio 2020
Sarebbe auspicabile che fosse così anche altrove nello spazio politico. Un confronto tra agende per le donne dettate, com’è naturale che sia, da sensibilità, culture e orientamenti diversi è la sola chiave per cambiare davvero.
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