Sanremo si avvicina e come ogni anno da 70 a questa parte, l’attenzione degli italiani viene catalizzata da quello che più che il Festival della canzone è in realtà lo specchio e l’amplificatore della cultura e del costume italico. Penso che Sanremo stia alla Tv come Berlusconi alla politica: nessuno dichiarava apertamente di votarlo e Silvio stravinceva nelle urne; così l’approccio a Sanremo: tutti fingono di snobbarlo salvo poi non perdersi un dettaglio. Dai vestiti, ai fiori, gli ospiti e soprattutto le polemiche, il vero cuore dello show. La riprova di tutto ciò è in tutti i giornali, i social e le chat di ognuno di noi di questi ultimi due giorni.
No alla gogna mediatica
Colpevole una frase infausta (e forse anche qualcuna di più) – e non ‘una interpretazione malevola’ – di Amadeus, direttore artistico e conduttore di questa edizione che, nel presentare il gruppo di donne che si affiancheranno a lui sul palco dell’Ariston, non solo ha dimostrato una imbarazzante scarsità di aggettivi, ma ha lasciato intravedere un pensiero che, inutile nascondersi, è ancora dominante nella nostra cultura: la subalternità femminile.
Ogni anno ci troviamo a interrogarci su questo ruolo della valletta. Rispondete sempre con la storia di Gabriel Garko a #sanremo, ma ne abbiamo avuto uno in 70 anni, uno solo! @CinziaBancone #tvtalk pic.twitter.com/tCtM5qt7Gl
— Tv Talk (@TvTalk_Rai) January 18, 2020
Nonostante la mia poca simpatia per il conduttore, però, credo che la gogna mediatica che si è scatenata attorno a queste frasi come al solito rischi di spostare l’attenzione dal vero problema: Amadeus ormai è un capro espiatorio e non sarà di certo la sua ‘fucilazione’ sulla pubblica piazza che risolverà la questione; così come, e lo hanno benissimo dimostrato i fatti, non basta invitare dieci donne sul palco per sanare il gap culturale ancora fortemente presente in Italia.
La parità non riconosciuta
L’impressione è che le ‘buone intenzioni’ – quelle dettate dal politically correct – (la decisione di invitare tante donne “con ruoli e mestieri diversi”; la volontà di parlare di violenza) siano state tradite dalla realtà dei fatti, quella di un paese che ancora fatica a riconoscere alle donne un ruolo paritario nella società (l’ormai famoso ‘passo indietro’), delle competenze professionali da affiancare alla bellezza esteriore (altrimenti rivendico il diritto di Fiorello e di Tiziano Ferro ad essere presentati come “belli”!!!) e in cui problemi sociali seri, quali la violenza sulle donne, vengono trattati a spot, ad uso e consumo del pubblico di turno.
I testi contro le donne di Junior Kelly
Indubbiamente la questione è delicata. Si tratta di scardinare una cultura millenaria e abitudini mentali consolidate, ma proviamo per una volta a farlo senza contrapposizioni violente; le donne facciano quel doveroso passo avanti e gli uomini imparino ad averci al loro fianco. Approfittiamo dei riflettori accesi del Festival per fare riflessioni approfondite su questi temi – anche riguardo la presenza del cantante Junior Kelly, i cui testi sono raccapriccianti: indigniamoci, sì, senza dubbio, – ma non lasciamoci trascinare solo dalla foga della polemica. Cerchiamo di portare la discussione oltre la censura, chiediamoci il perché di queste rappresentazioni dei rapporti uomo-donna e soprattutto del perché abbiano così tanto seguito tra i giovanissimi…e dato che Sanremo è la città dei fiori, speriamo siano rose e che fioriranno perché al momento abbiamo visto solo spine!
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