Di seguito il testo integrale della nostra lettera all’ambasciatore italiano in Ucraina, ripresa dal Corriere.it, contro quanto denunciato in rete circa i 46 neonati e neonate, nati da madri surrogate, ammassati in un hotel di Kiev dopo il lockdown:
Gentile Ambasciatore,
portiamo alla sua attenzione le immagini sconvolgenti diffuse in rete dalla Biotexcom di Kiev, clinica che offre servizi di fecondazione assistita e di maternità surrogata, detta GPA o utero in affitto.
La Biotexcom ha improvvisato nella hall dell’Hotel Venezia una grande nursery (detta “stanza materna” nonostante l’assenza di madri) dove sono ospitati 46 neonate e neonati da poche ore a poche settimane di vita, messi al mondo da gestanti a pagamento su commissione di cittadini di molti Paesi del mondo, tra cui l’Italia.
Causa lockdown per Coronavirus, i committenti non possono recarsi in Ucraina a prelevare i bambini commissionati, letteralmente stipati nell’hotel in attesa di sblocco.
Nonostante le assicurazioni della Biotexcom non vi è alcuna certezza sulle condizioni di salute psicofisica di questi bambini né che essi siano adeguatamente assistiti.
Come vedrà nel filmato,https://youtu.be/
Com’è noto in Italia la gestazione per altri o utero in affitto è un reato e chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con una multa da 600.000 a un milione di euro (Legge 19 febbraio 2004, n. 40 “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”, art. 12 comma 6)
Gentile Ambasciatore, come Rete Italiana contro l’Utero in affitto, costituita da numerose associazioni di donne, le chiediamo:
1. di raccogliere informazioni su Biotexcom e altre cliniche ucraine che erogano il servizio di “gestazione per altri” e che in questo particolare momento stanno detenendo bambini in totale violazione dei più elementari diritti umani;
2. di verificare le effettive condizioni di salute e di vita dei bambini;
3. di verificare se la nascita di questi bambini sia stata in qualche modo segnalata all’anagrafe, o se la loro esistenza non risulta in alcun atto pubblico (il che comporta il rischio che chiunque possa appropriarsi di loro e a qualunque scopo);
4. di verificare quanti e chi siano gli italiani clienti di Biotexcom e di altre cliniche
5. di intervenire presso il Ministero degli Esteri per segnalare questa drammatica situazione, nonché i nominativi dei committenti italiani, chiedendo che non venga concesso alcun permesso speciale, in deroga al lockdown, per recarsi a “ritirare” i bambini, commettendo un reato punito dalla legge italiana;
6. di attivarsi presso il governo ucraino allo scopo di segnalare questa inaccettabile situazione ingenerata dalle leggi permissive di quel Paese in tema di utero in affitto nonché dalla mancanza di adeguati controlli pubblici, intraprendendo tutte le azioni necessarie perché i bambini detenuti nel limbo delle cliniche ucraine vengano affidati, di preferenza, alle madri che li hanno messi al mondo. Oppure, se esse non possono o non intendono farsene carico, a famiglie che se ne possano prendere cura. O che vengano dichiarati in stato di adottabilità;
Certe che condividerà la nostra grande preoccupazione per l’attuale situazione e il destino di queste creature, restiamo in attesa di suo sollecito riscontro e le inviamo i più cordiali saluti.
Rete Italiana contro l’Utero in Affitto, In Radice- per l’Inviolabilità del Corpo Femminile, ArciLesbica Nazionale, ArciLesbica Modena, Arcidonna, Associazione Salute Donna, RadFem Italia, RUA-Resistenza all’Utero in Affitto, Se Non Ora Quando- Genova, Se Non Ora Quando-Libere, Trame;
Gabriella Ferrari Bravo, Marina Terragni, Eliana Bouchard, Angela Di Luciano, Rita Paltrinieri, Caterina Arcidiacono, Jeannette Migliorin, Valeria Damiani, Francesca Izzo, Francesca Marinaro, Elvira Reale, Daniela Dioguardi, Caterina Arcidiacono, Alessia Schisano, Pia Marcolivio, Eloisa Dacquino, Sandra Bonfiglioli, Wilma Plevano, Mariella Pasinati, Claudia Pedrotti, Ida La Porta, Maria Gianni
Per aderire all’appello scrivere a inviolabili01@gmail.com
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