Ci sono due donne in questi giorni al centro dell’attenzione dei media: la ministra dell’Agricoltura, Teresa Bellanova, e la cooperante internazionale Silvia Romano. Diverse per età e per storia, ma accomunate dall’essere oggetto di discussione dell’opinione pubblica e dei vari suoi interpreti. Bellanova con una storia tutta a sinistra, oggi in Italia Viva, ha mostrato un grande coraggio in un Paese attraversato dalla paura indotta dal virus sconosciuto e dalle enormi difficoltà economiche che gran parte della popolazione sta affrontando. Condizione quest’ultima che può rafforzare rigurgiti di autodifesa sovranista.
Per alcuni la regolarizzazione appena approvata può essere una disposizione accessoria. Per me no. Se penso alla mia storia, quello di oggi è per me un risultato straordinario. Oggi lo Stato è più forte della criminalità, è più forte del caporalato.https://t.co/c3pjgpBkWg
— Teresa Bellanova (@TeresaBellanova) May 13, 2020
Teresa, che non ha mai rinnegato se stessa e ha sempre rivendicato di essere stata bracciante e sindacalista, ha proposto che migranti, donne e uomini che lavoravano nascosti e, soprattutto nei campi, trattati secondo i metodi di un moderno schiavismo, venissero riconosciuti come lavoratori ed emergessero da questa loro inesistenza sociale. Meridionale, non ha voluto dimenticare che un tempo le lavoratrici in nero nelle campagne in mano ai “caporali” erano le donne: ora ci sono i migranti di colore, senza neanche una casa in cui tornare.
Il rispetto per la propria Storia
È questa straordinaria capacità di rispetto della propria storia che ho trovato anche in Silvia, prigioniera per diciotto mesi di al-Shabaab, dall’età di ventidue anni, convinta che non si può essere di aiuto a nessuno concionando da una comoda sede di ufficio. L’abbiamo vista sorridente e felice circondata da bambini prima del rapimento. L’abbiamo rivista ancora sorridente al ritorno in Italia. Una grande forza in una ragazza esile che si abbandona finalmente nelle braccia dei suoi.
Sul Corriere Milano di oggi trovate la mia intervista in cui parlo di Silvia.
Pubblicato da Sumaya Abdel Qader su Mercoledì 13 maggio 2020
Entrambe sono sotto attacco di una destra pre-politica, cioè viscerale e rancorosa. L’una è, infatti, accusata di essere amica e fautrice dei clandestini; l’altra addirittura è stata accusata da un deputato della Lega, che poi si è scusato, di terrorismo poiché convertita all’Islam. Sappiamo che la voce dal sen fuggita è quella più convincente.
Due donne diversamente forti
Alla ministra non c’è che da augurare buon lavoro, a Silvia Romano che sia lasciata tranquilla. Tranquilla, non sola. La grande generosità che l’ha esposta al pericolo sarà la sua forza per ricostruire una vita serena dopo aver elaborato la violenza subita che qualunque rapimento comporta, anche quando i carcerieri non ti seviziano. Due donne diversamente forti. Due personalità da rispettare.
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